L'analisi grammaticale è la descrizione delle 9 parti del discorso e delle loro caratteristiche. Non la si può fare se non si conoscono le parti del discorso (morfologia). Per questo vengono presentate le seguenti informazioni...
SELEZIONA L'ARGOMENTO NELLA TABELLA QUI SOTTO
VERBO: significato | VERBO: coniugazione | VERBO: forma | |
AGGETTIVO | NOME | ||
PRONOME | ARTICOLO | ||
PREPOSIZIONE | AVVERBIO | ||
INTERIEZIONE | CONGIUNZIONE |
È la parte variabile del discorso che esprime un'azione nel tempo, ma anche un modo di essere o un fatto. Un verbo può essere considerato sotto 3 aspetti:
Dal punto di vista del significato i verbi possono essere 1) transitivi o 2) intransitivi. 1) Verbi transitivi Sono verbi che esprimono un'azione che passa direttamente dal soggetto all'oggetto: Marco (soggetto) legge (verbo transitivo) un libro (complemento oggetto). Il complemento oggetto a volte può mancare ma il verbo rimane transitivo: Mario legge. Un verbo transitivo può essere: attivo, passivo, riflessivo.
io lavo tu lavi egli lava passiva Le particelle pronominali si
mettono invece dopo, fondendole col verbo, nell'imperativo
presente (làvati), nel gerundio (lavandoti),
nell'infinito (lavarti). Sono quelli che esprimono un'azione che non passa a un oggetto ma resta ferma nel soggetto: Mario corre; Il sole brilla; Il cane abbaia. È bene ricordare che:
Il verbo è la parte più "flessibile", più mutevole del linguaggio. Una parte però, la prima, resta sempre uguale (è la radice); a cambiare è l'altra, la seconda (la desinenza). Es: Cantare: Cant = radice, are = desinenza. Quest'ultima può cambiare secondo la:
1a coniugazione
Abbiamo già visto che il verbo è costituito da due parti: una, immutabile, che si chiama radice; e una che cambia secondo i modi, i tempi, le persone e i numeri, e si chiama desinenza. I verbi che rispettano questo schema si dicono regolari, e sono la maggioranza; ma ci sono anche verbi che si discostano da questa norma e sono detti irregolari. Verbi regolari Caratteristica di questi verbi è che nel passato remoto e al participio passato l'accento tonico non cade sulla radice ma sulla desinenza: am-ài, cred-èi (o cred-ètti), serv-ìi; am-àto, cred-ùto, serv-ìto. Verbi irregolari Si dividono in 3 gruppi:
Ausiliari: si dicono "ausiliari" i verbi essere e avere quando aiutano gli altri verbi a formare i tempi composti: Ho mangiato un panino; Sono andato a casa. Vogliono l'ausiliare avere i verbi transitivi attivi (Ho mangiato una mela, Lo avevo visto); vogliono l'ausiliare essere i verbi nella forma passiva (Io sono amato; Siamo stati serviti subito). I verbi intransitivi possono avere l'uno o l'altro ausiliare. I verbi che indicano le condizioni atmosferiche richiedono in genere essere (È piovuto) ma possono concordare anche con avere (Ha appena smesso di piovere). Servili: sono detti così
i tre verbi: dovere, potere, volere quando
sono usati al servizio dell'infinito di un altro verbo: Devo
andare; Non posso dormire;
Voglio mangiare. Attenzione: nei
tempi composti i verbi servili vogliono, di regola, l'ausiliare del
verbo che essi "servono": Sono dovuto
andare (perché: sono andato); Saresti
potuto venire (perché: sono venuto);
Abbiamo voluto dirtelo (perché: abbiamo
detto). |
Di solito i nomi, o sostantivi, possono essere considerati sotto tre aspetti: la SPECIE, il GENERE e il NUMERO. SPECIE GENERE
Nomi di persona I nomi propri non vogliono l'articolo (Mario, NON: il Mario; Giovanna, NON: la Giovanna). Inoltre il nome deve sempre precedere il cognome (Mario Rossi, NON: Rossi Mario). Le donne sposate firmano prima col proprio cognome poi con quello del marito. Es.: se Maria Rossi ha sposato Antonio Bianchi firmerà: Maria Rossi Bianchi. Alterazione dei nomi (e degli aggettivi) Consiste nell'aggiunta al tema del nome, o dell'aggettivo qualificativo, di un suffisso che ne àltera il significato. I nomi e gli aggettivi che subiscono questa aggiunta si dicono alterati. L'alterazione può dare origine ad un: Accrescitivo: -one -otto -occio ...Plurale dei nomi Non sempre esistono regole precise e universalmente accettate. Vediamo alcuni casi.
|
È la parte variabile del discorso che si mette davanti al nome per precisare il genere e il numero (il gatto, la gatta, i gatti, le gatte). Può essere di due specie: determinativo quando indica una cosa in particolare (ilgatto), indeterminativo quando è generale (un gatto). determinativo masch. sing.: il, lo femm. sing.:laÈ bene ricordare che:
|
È la parte variabile del
discorso che si aggiunge al nome (o ad un'altra parte del discorso usata
come nome, cioè sostantivata) per indicare una qualità o per darne una
precisa determinazione. E infatti gli aggettivi si dividono in:
QUALIFICATIVI e DETERMINATIVI. QUALIFICATIVI Sono gli aggettivi che
aggiungono al nome una qualità: bello, brutto, piccolo,
grande, ecc. Hanno la loro declinazione, cioè hanno un maschile
e un femminile, un singolare e un plurale, e si accordano ai nomi ai
quali si aggiungono: bambino bello, bambina
bella, bambini belli, bambine
belle. Esistono però aggettivi che hanno una sola
forma per entrambi i generi (un oggetto utile; una cosa
utile), entrambi i numeri (un vestito rosa, due
vestiti rosa), genere e numero insieme (conflitto impari,
lotta impari, conflitti impari, lotte impari).
Sono gli aggettivi che aggiungono al sostantivo un preciso elemento che lo determina. Si dividono in 4 gruppi: dimostrativi, possessivi, quantitativi, numerali.
|
È la parte variabile del discorso che si usa invece del nome. I pronomi possono essere: 1) Personali; 2) Possessivi; 3) Dimostrativi; 4) Relativi; 5) Indefiniti 1) Personali Sono i pronomi che si usano invece del nome, proprio o comune, di persona. Possono avere valore di soggetto o complemento, possono cioè indicare: a) la persona che parla; b) la persona a cui si parla; c) la persona di cui si parla. soggetto complementoEsaminiamo ora alcune particolarità dei pronomi personali.
Sono i pronomi che indicano
proprietà, possesso; e sono gli stessi aggettivi possessivi: mio,
tuo, suo, nostro, vostro, loro, altri,
proprio, usati però invece del nome. Esempio: Dammi il mio
libro (qui mio è aggettivo possessivo perché specifica una
caratteristica del libro); Prendi il tuo libro e dammi il mio
(qui mio è pronome perché sta al posto del sostantivo libro). 3) Dimostrativi Sono i pronomi che mostrano,
indicano una persona o una cosa: questo, codesto, quello;
stesso, medesimo; tale, quale; siffatto;
questi, quegli (in funzione di soggetto e riferiti a
persona: questi mi piace,quegli no); costui,
costei, costoro; colui, colei, coloro;
lo (in funzione di complemento oggetto: Tu non sei lo
stesso di una volta); ne (nei complementi di specificazione: Ne
vuoi ancora?); ci (nei complementi di termine: Non ci
badare; Non farci caso). 4) Relativi Sono i pronomi che mettono in relazione fra loro due proposizioni: il quale (e: i quali, la quale, le quali), che, chi, cui. È bene ricordare che:
Sono i pronomi che indicano persone o cose in maniera indefinita, indeterminata. Sono in gran parte aggettivi indefiniti usati al posto del nome: Aggettivo PronomeA questi possiamo aggiungere: uno, qualunque, ognuno, certuni, chiunque, altri (Altri penserà che io non dica il vero), niente (Niente lo commuove), nulla (Non me ne importa nulla). |
È quella parte del discorso che si unisce al verbo, ma anche all'aggettivo, al nome o ad un altro avverbio, per modificarne, graduarne, completarne, precisarne l'azione o il significato, e potrebbe essere tolta dal discorso senza fargli perdere tutto il suo significato. Si possono classificare gli avverbi in 8 gruppi.
|
È la parte invariabile del discorso che si "prepone" al nome o al pronome per esprimere una relazione di dipendenza tra due termini di una stessa proposizione (Vado a Roma; Vengo da lontano; Guardare in cielo). Si distinguono in: 1) Proprie e 2) Improprie. 1) Proprie Sono: di, a, da, in, con, su, per, fra, tra, verso. Possono restare così, cioè semplici, o unirsi ad un articolo, diventando articolate: semplici articolate
Sono nomi, avverbi, aggettivi, verbi usati in funzione di proposizione. Es.: causa la pioggia; duranteil concerto; vicino a te; soprala casa; oltreil monte; senza paura; contro il muro; ecc. Le locuzioni prepositive nascono invece dall'unione:
|
È la parte invariabile del discorso che serve a congiungere fra loro gli elementi di una stessa proposizione (Giulio e Carlo vanno a scuola) o due proposizioni (Giulio va a scuola e Carlo rimane a casa). Le congiunzioni si possono classificare in: COORDINATIVE, SUBORDINATIVE, CORRELATIVE. COORDINATIVE Congiungono due proposizioni simili o due parti simili della stessa proposizione. Si suddividono a loro volta in:
Congiungono una proposizione principale a una subordinata. Es.: Ti loderei (princ.) se tu lo meritassi (subord.); Poiché non mi stimi (subord.) preferisco rompere l'amicizia (princ.). Si suddividono in:
Congiungono due proposizioni che sono tra loro in correlazione: come ... così; tanto ... quanto; non solo ... ma anche; sebbene ... tuttavia; ecc. Le locuzioni congiuntive, infine, sono congiunzioni formate da più parole, fuse insieme o disgiunte: nondimeno, perciò, per la qual cosa, finché, fintanto che, ogni qual volta, di modo che, nonostante che, ecc. |
È la parte invariabile del discorso che serve a esprimere un sentimento di meraviglia, noia, dolore, ecc. Attenzione però: non sono interiezioni le imitazioni di suoni o versi, cioè le onomatopee: din don, bau bau, tic tac, ecc. Le interiezioni, o esclamazioni, si possono dividere in: semplici e composte.
|